Segretario Regionale FAI CISL CALABRIA
Giuseppe Gualtieri




Si rileva, in verità una attenzione nuova e diversa, nel mezzogiorno, rispetto
alla questione ambientale e non solo per il dovere che abbiamo, comunque, di preservare le nostre bellezze,
naturali ma, anche,m perchè si comincia a guardare all'ambiente come nuova fonte di impiegno.
Non ho i dati disaggregati per aree geografiche ma, forse, saranno altrettanto significativi
i dati riferiti all'intero Paese, da cui si rileva che gli occupati in questo settore,
sono attulamente di circa 200 mila, con una crescita di 65 mila unità entro il 2010; con
un tasso doppio rispetto alla crescita occupazione generale.
Tale crescita, sta interessando non dolo i settori strettamente connessi, quali lo smaltimento
dei rifiuti, la produzione di energie rinnovabili, la depurazione delle acque, le tecnologie pulite ma,
anche, settori immediatamente collegati, come il terziario, riferito alle attività legate al turismo ed alle nuove
modalità di fruizione del tempo libero, quali l'agroturismo e l'eco-turismo, e, ovviamente, l'agricoltura.
L'incremento costante di attività legate all'agroturismo, tanto per citare questo segmento, fa intendere le
grandi potenzialità economiche del settore, anche del Mezzogiorno, ricco di paesaggi che ben si prestano a questo tipo di attività e che stanno attirando sempre più professionisti, in grado di sfruttare
e ottimizzare le risorse naturali offerte dal territorio.
Interessante, anche, l'incremento del settore dell'agricoltura biologica e delle biotecnologie.
Mi pare inevitabile fare un breve riferimento alla questione dell'agricoltura, poichè,
questo settore, unitamente al turismo ad alle piccole e medie imprese, anche ad essa
collegate e l'artigianato, rappresentano un elemento ineludibile, per riscattare il Mezzogiorno,
dalla condizione di difficoltà (diciamo cos', per non usare i soliti termini da catastrofe che, però,
per alcuni aspetti sarebbero giustificati).
Le difficoltà in cui versa l'agricoltura nel Mezzogiorno, ci sono ben note e si potrebbero sintetizzare
nel dato, da cui si rileva che si è arrivati, addirittura, a registrare aumenti nella produzione con una, obiettiva,
riduzione dei ricavi. Ciò, prevalentemente, a causa della scarsa competitività dovuta alla carenza di
infrastrutture, agli alti costi energetici, all'alto costo del denaro.
Urgono, politiche, a sostegno dell'agricoltura di livello nazionale ad integrazione di quelle comunitarie che,
si prevede, dimuiniranno costantemente entro il 2013 per dedicarle a settori, considerati
più remunerativi. Ciò per la difesa e l'irrobustimento di un settore che non è, solo, economia,
produzione, produttività ma, anche e soprattutto, cultura e tradizioni.
Ma, per restare, agli aspetti strettamente connessi alla questione ambientale, bisogna ricordare la sensibilità,
per la sua conformazione morfologica, di larga parte del territorio del Mezzogiorno, rispetto ai fenomeni
di dissesto idrogeologico.  Tale vulnerabilità è stata esaltata dalla pressione dell'uomo (vedi l'abusivismo
Edilizio, che ha una tgrande incidenza nelle nostre regione meridionali ed in particolare, quello
sulle coste che è la principale causa, secondo ne, dell'inquinamento dle mare) e ne discende,
che il rischio naturale legale alle catastrofi idrogeologiche è tra i problemi più rilevanti che abbiamo.
La Calabria, la Campania e la Basilicata sono tra le regioni con la maggiore percentuale di
comuni a rischio e ciò, purtroppo non significa che alcune zone significative della Puglia sono esenti
da tali problematiche. Grande attenzione, quindi, nella ricognizione dello stato dell'ambiente,
va dedicata alle condizioni del nostro straordinario patrimonio naturale, tra cui spicca la
questione "mare". Nel corso della estate appensa trascorsa vi è stata una discussione forte circa le condizioni
del nostro mare, fortunatamente solo, per alcune zone.
Trale cose da fare in fretta vi è anche questa; cioè pensare alla preservazione del mare.
Se ne parla, come dicevo, e questo è un bene.
Le ricorrenti calamità naturali, spesso provocate dall'uomo, stanno suscitando una attenzione che prima non c'era
e che, anche adesso, è insufficiente. La sfrenata corsa al profitto è in genere, la molla che sospinge questa
inconsulta spirale autodistruttiva. Mi sovviene alla mente il disastro della petroliera "Prestige" che nel 2003 è afffondata spezzandosi in due al largo delle coste della galizia, nell'oceano atlantico.
Tre anni prima il naufragio dell'Erika, al largo della Bretagna.
E' stato calcolato che le due petroliere hanno perduto in mare rispettivamente 177 mila tonnellate
e 131 mila tonnellate di petrolio. La televisione ha mostrato le immagini del disastro ecologico, che ha colpito le
coste spagnole e francesi, con la distruzione di pesci e uccelli, di chilometri di costa, e perdita di posti di lavoro.
Di fronte ad avvenimenti di questa natura, sembra impossibile fare qualcosa. Emblematicamente, questa impotenza, viene evidenziata dai volontari e quanti altri impegnati, nel tentativo di arginare la gigantesca
onda nera usanso semplici pale.
La sproporzione toglie il respiro ed uccide la speranza.
Eppure si può, Si può e si deve fare di più.
Mi piace ricordare che la cisl, qualche anno fa, ha lanciato una "Piattaforma mare", che può impegnare non solo i lavoratori che vivono sul mare e del mare, ma anche, le strutture del turimso e dei servizi legati al mare,
delle città costiere, portuali e turistiche. Alcuni punti di quella piattaforma erano e sono: il controllo della
qualità delle acque che affluiscono al mare, di fiumi, almeno nel tratto degli ulltimi 20 kilometri;
verificare l'uso di fitofarmaci ed altri prodotti chimici in agricoltura, vicino alla costa, le emissioni industriali
e i depositi di sostanze pericolose nelle fasce  costiere; salvaguardare la sicurezza delle coste e controllare l'edificabilità delle aree costiere; controllare la depurazione delle acque reflue delle città costiere; definire le linee
di attuazione per un turismo sostenibile. Bisogna prendere, con onestà, che avremmo potuto e dovremmo fare qualcosa in più, anhe noi!!!!
E' molto facile, che parlando di mare il pensiero corra alla questione dell'acqua.
Già nel 1995, com enorme lungimiranza, il vicepresidente della banca mondiale, presagiva una verità, che opggi, non possiamo più ignorare: "Nel prossimo secolo le guerre scoppieranno per l'acqua, non per il petrolio o per altri motivi politici".
Dati recenti, dimostrano che un abitante de pianeta su cinque è privo di acqua
potabile, e 3,4 milioni di esseri umani muoiono, ogni anno, di malattie
legate alla cattiva qualità del loro patrimonio idrico.
Nel 1993 l'ONU, ha voluto dedicare all'acqua, quell'anno, richiamando l'attenzione
del mondo, su un bene insostituibile


A Kyoto, la fao, ha segnalato la necessità di incrementare la produttività
dell'acqua e riferendosi, in particolare, all'agricoltura, ha osservato che la
produzione mondiale, dovrà essere aumentata di circa il 60%, per nutrire due
miliardi di persone in più entro il 2030.
L'uso agricolo dell'acqua sarà un fattore chiave per l'aumento della produzione alimnetare
specie in molti Paesi in via di sviluppo, dove attualmente circa 800 milioni di persone
soffronto di fame cronica.
In molti paesi l'acqua non c'è, per fattori nautrali, in altri è usata in modo
irrazionale, spesso sprecata, ancora più spesso, abbondantemente dispersa a causa
di acquedotti obsoleti.
Fare la nostra parte, anche rispetto ai problemi nostrani dell'acqua, sia come cittadini che
come attori sociali, significa trasportare un piccolo mattone per l'immenso edicificio
culturale, per la preservazione del nostro patrimonio naturale.
Vorrei concludere questa mia esposizione, sulla questione ambientale in generale,
e forse, per mia responsabilità, generica, dicendo che sarà sempre più necessario
accompagnare agli strumenti tradizionali di misura della ricchezza economica, quali il pil, altri strumenti, capaci di rendere conto dei risultati ottenuti nella difesa dell'ambiente,
nell'avanzamento della qualità della vita ed il guadagno o la perdita degli stock di risorse naturali.
Ora, per ripercorrere l'introduzione di Sbarra, mi soffermerò sul rapporto per un programma,
ambiente-montagna-foreste, sulle potenzialità produttive, sulla ineludibilità di una programmazione
per un processo di sviluppo possibile e sostenibile, per i territorio montani, che sia parte
integrante e, per alcuni aspetti, volano di un complessivo sviluppo economico e sociale.
Attenzione che si dispiega, per ora, almeno nel Mezzogiorno, nel fiorire di iniziative
convegnistiche, se si mettono in rete riflessioni e proposte che, man mano
vengono alla luce, possono rappresentare, un punto positivo di partenza per giungere
a pensare alla montagna, ai parchi, al patrimonio forestale, come ad una grand opportunità
per lo sviluppo complessivo del territorio, se si pensa ai settori produtttivi, che possono
basarsi su fattori esistenti sui territorio montani quali il turismo, la valorizzazkione dei
prodotti del bosco e del sottobosco, il legno, e le biomasse.
Con questa iniziativa ci proponiamo di compiere un ulteriore passo in avanti, nel sollecitare
nuovi interessi, stimolare nuove riflessioni ed indicare, per i probelmi che solleva e
gli interventi che richiede, impegni ed impieghi mirati a rendere la montagna un patrimonio
una risorsa, una opportunità.
Si registra, da qualche tempo, una inversione di tendenza nell'andamento dell'esodo
dalle montagne verso le marine nel senso che il deflusso si è notevolmente
arrestato.
Tale circostanza pone questioni non trascurabili che attengono ad una non rinviabile
politica di integrazione, capace di restituire per intero, identità al territorio,
dimensione al suo assetto e di riscoprire il localismo produttivo, provvedendo al
suo irrobustimento con una appropriata legislazione di sostegno.
In una parola vi è la non più eludibile esigenza di pensare alle zone interne.
La predetta circostanza, infatti, pone una nuova domanda di qualità della vita, che
sollecita approfondimenti, sulle varietà che configurano quella condizione territoriale,
sulla riscoperta culturale della montagna e sulla storia delle comunità.
E' unan nuova domanda, anche, di unità per impedire l'aggravarsi del divario interno
esistente nelle nostre realtà regionali, mortale per ogni ripresa, e per superare
gli squilibri che non favoriscono processi armonici e complessivi, di avanzamento
sociale ed economico dlle comunità e delle popolazioni.
L'obiettivo è vincere le miopi visioni, dei poteri e di quelle classi dirigenti
che hanno pensato ambienti sociali ed economici chiusi, determinando così, condizioni
di povertà e pesanti copsti sociali, costituiti dalle migrazioni, dall'abbandono di beni
naturali, e da cancellazione di fattori essenziali per la produzione di beni e servizi.
La ripresa del dibattito, allora, in un tempo nel quale vengono messi in discussione
diritti e livelli di benessere, apre una ulteriore occasione di approfondimento su possibili
interventi, capaci di organizzare la salvaguardia e la valorizzazione delle zone
interne e di definire un modello di sviluppo sostenibile, che arresti il degrado e
promuova una concreta politica d'integrazione.
La proposta richiedem la messa a pèunto di iniziative che, facendo leva su fattori e luoghi
da valorizzare, risorse da assommare, organizzare ed investire, senza trascurare gli essenziali
contributi della ricerca e della innovazione, osservino e risolvano i problemi della messA
a sicurezza del territorio.
La tutela ambientale non è garantita se non viene meno il deficit d'interesse per il territorio
nè riprendono le attività ruruali se non si riducono i rischi idraulici e geologici e se
non si prevengono i pericoli d'alterazione degli elementi naturali.
La lotta all'inquinamento, all'abusivismo ed a tutto ciò che ha aspetti devastanti de
e sul territorio, sull'ambiente e sul paesaggio, è decisiva unitamente a politiche pubbliche,
che assumano la difesa della persona contro il malessere sociale e sostengano, con servizi
appropriati, lo sviluppo locale.
Un intervento di supporto allo sviluppo sostenibile non può, non considerare, una politica
industriale, riferita al territorio montano ed alle economie di settore presenti, con
particolare riferimetno a quelle turistiche.
La loro valorizzazione può dare corpo alle produzioni locali, comprese quelle di nicchia
impedire la desertificazione sociale, tutelare il patrimonio naturale, gli usi, le
tradizioni, le abitudini, le esperienze lavorative delle zone interne, esaltare le
risorse umane ed i lavori del mondo boschivo e forestale.
Decisivo, a proposito, è il ruolo dei Parchi che vanno rilanciati in un contesto di
rivisitazione dell'assetto istituzionale e del sistema dei rapporti, che assicuri
la circolarità delle idee, delle conoscenza e delle opportunità, la messa in rete
delle risorse finanziarie e della progettualità dei vari attori presenti sullo scenario
montano. Una politica di assetto istituzionale non può che essere premiale per le scelte ed
i luoghi che favoriscono un metodo di governo unitario del territorio; un metodo che
rifiuti la frammentazione delle decisioni, la polverizzazione delle risorse, la progettazione
di risult5a ed incoraggi, invece, una politica di concertazione e di cooperazione circa l'assetto
del territorio con particolare attenzione al raccordo ed ai collegamenti tra marina e montagna.
Si dice, ed è vero, che bisogna preparare il mezzogiorno, le sue regioni, alle nuove sfide
tra cui quella, esaltante, di connotarsi come punto di riferimento del Paese e dell'Europa
per proporsi come strumento di relazioni verso i Paesi dell'Africa e del medio-oriente.
Tale sfida si vincerà se sarà tutto il territorio, complessivamente considerato, ed
essere coinvolto, con le sue diverse peculiarità e vocazioni, in un processo di sviluppo sostenibile
e duraturo. Come si potrebbe immaginare un qualsiasi processo di sviluppo nelle nostre realtà
regionali, senza coinvolgere il 21,49% del territorio campano, il 19,46% del territorio della
basilicata, il 32,43% del territorio della Calabria, ed anche, pur se minimo, il 6,11% del territorio pugliese?
In un tempo in cui si consumano comportamenti egoistici e per nulla solidali da parte
delle aree forti del Noird, mi piace sottolienare come, anche in questo campo, il Mezzogiorno
si rivela creditore nei confronti dell'intero paese.
Infatti, in considerazione che le emissioni gassosse dovute alle industrie, che nel Mezzogiorno
non ci sono, sono di conseguenza estremamente esigue, il mezzogiorno presenta un consisten
saldo attivo in termini di emissioni con cui, prima o dopo, lo
Stato dovrà fare i conti, perchè è proprio questo saldo attivo, che consente alle regioni
più industrializzate di non subire costi ulteriori per la riduzione delle emissioni, per
come stabilito dal piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas, responsabili
dell'effetto serra redatto a seguito del protocollo di kyoto.
Per quantom sopra, risulta evidente, la necessità di rivedere il bilancio ambientale
nazionale, allo scopo di rendere economicamente visibile il valore delle foreste nel Parlare di ambiente, di necessità di preservare il nostro patrimonio naturale, senza
accennare a quei lavoratori, che nelle nostre rispettive regioni, operano per
la protezione e la salvaguardia del territorio, per la difesa del suolo, da sempre
incombenti rischi di dissesto idrogeologico ed ambientale, sarebbe una omissione
grave ed incomprensibile.
Mi rifirsco, ovviamente ai lavoratori forestali.
Come ben comprenderete, ho chiesto ai mie colleghi della Campania, della Basilicata
e della Puglia di fornirmi una scheda sullo stato dell'arte, circa il rapporto bosco sviluppo
e sulla consistenza, condizione e problematiche dei lavoratori forestali.
Non mi pare che ci sia bisogna di approfondimaneit specifici rispetto alle diverse
realtà. In Campania, gli addetti al settore sono continuamente diminuiti. Si è avuto
un calo di circa 3000 addetti negli ultimi 20 anni, dovuto soprattutto alla mancanza
di finanziamenti regionali: (si è passato, infatti, da circa 7900 addetto del 1980 a circa 4800 del 2002): Con la delibera regionale n° 6395 del Novembre 2001 è iniziato il percorso
della stabilizzazione differenziandolo in più fasi. Infatti fino ad oggi sono
stati stabilizzati circa 3720 lavoratori, la parte restante a tempo determinato continua
ad avere la garanzia delle giornate lavorative degli anni precedenti pari a 156 annue.
Alla regione Puglia, dove manca un piano regionale forestale e un coordianmento che curi
l'attività forestale, riguardante la programmazione degli interfventi finalizzati allo
sviluppo, alla difesa dell'assetto idrogeologico, per evitare pericoli di smottamento
del territorio, il numero degli addetti tra operai oti e otd ammontano a circa 5 mila
unità. Tale numero che opera su una superficie di ettari 166 mila 700 è al di
sotto della media nazionale. Sono altrettanti significativi i dati della Basilicata, tale
attività viene svoltada 5 mila 400 addetti, su una superficie boscata parin a ha 191,918
e rappresenta l'azienda più grande in termini occupazionali, di cui solo poche centinaia,
sono a tempo indeterminato, la parte restante otd di cui 540 effettuano 156 giornate
e 4703 con 101 giornate cau annue.
In Calabria su 650 mila ettari di terreno boscato, da 343 mila addetti del 1984 con
fasce di 51,101,151 giornate, siamo scesi a 10 mila 200 al 31 dicembre del 2004, con
una riduzione di circa 24 mila, raggiungendo per gli attuali addetti, la stabilizzazione
con l'accordo Regioanle del 23 novembre 2003.
Le rispettive Federazioni Regionali sono da sempre impegnate sul versante della tutela
di questi lavoratori, non solo per una sorta di senso del dovere, come è nei
confronti di qualsiasi altro lavorator4e di altro comparto ma, anche, nella
consapevolezza, che le attività di sistemazione idraulico-forestale, per la loro
valenza ambientale, costituiscono una occasione importante di sviluppo economico
e di riscatto sociale, per le popolazioni, che vivono in condizioni di grande disagio
in aree svantaggiate, come sono quelle delle zone montane e boschive delle nostre
relatà regionali.
In passato, sostiene il mio collega della Campania Colarusso, la forestazione ha
significato occupazione dei nostri braccianti, in zone dove, nè l'agricoltura
nè altre attività, offrivano possibilità di lavoro dipendente. Per le nostre zone interne, al forestazione è stata la più grande
industria. Ora, è tempo di fare il salto di qualtà, coniugando l'indispejnsabile
opera di salvaguardia del territorio, di imboschimento e di rimoschimento per evitare,
tra l'altro i rischi di allagamenti delle valli e di dissesto del suolo, come mi dice il
mio collega pugliese Paolo, che succede, frequentamente, nel Gargano, con l'esigenza
di rendere produttivo il bosco e la foresta ed aiutando le attività economiche proprie
delle zone montane, come mi suggerisce il mio collega Lapadula.
Come sapete, cari amici, in Calabria lo scorso anno abbiamo dovuto fare le barricate
per sconfiggere una impostazione, inquinata (tanto per restare in tema), che voleva
cancellare questo importante segmento del mondo del lavoro calabrese e mettere in
difficoltà l'intera realtà regionale.
Ci siamo riusciti, allora.
Ma oggi, siamo impegnati nella redazione di un piano-programma di sviluppo autosostenibile nel settore
forestale, per rendere il settore produttivo.
Vi è una proposta che non ci è stata, ancora, consegnata ufficialmente, ma che, abbiamo avuto modo
di sfogliare. Tale proposta è stata elaborata da un gruppo di esperti voluti da questa
giunta regionale ed in particolare dall'assessore all'agricoltura Mario Pirillo e dove
ha contribuito anche il prof. Nervi.
Mi pare non superfluo fare riferimento a quella bozza, in quanto affronta problemi
comuni alle diverse aree teritoriali, qui convenute.
L'architettura del Piano parte del pre-requisitio della tutela delle risorse naturali
dell'ecosistema forestale, ponendosi l'obiettivo guida, dello sviluppo multifunzionale
della foresta.
Gli obiettivi strategici, sono la gestione degli ecosistemi forestali, per sviluppo
e consolidamento delle relazioni sistemiche nelle filiere; il potenziamento delle infrastrutture
ed il potenziamento del sistema forestale come sistema a rete.
Nell'alveo di tali obiettici strategici si sono individuati i rapporti fra foresta e territorio,
foresta-agricoltura, foresta-industria, foresta-turismo. All'interno di questi rapporti
si fa riferimento alla difesa, mantenzione, valorizzazione e sviluppo delle risorse naturali;
sviluppo dell'agriturismo; filiera dell'energia; filiera alimentare; filiera della
trasformazione del legno; creazione e manutenzione di aree attrezzate per attività
ricreative e sportive; manutenzione delle aree a parco; certificazione della foresta e dei
prodotti forestali; vivaismo come diffusizoone delle innovazioni e come attività commerciale
vera e propria; formazione degli addetti al settore, rispetto ai nuovi e diversi
obiettivi; incubazione di imprese di trasformazione e valorizzazione di ogni utilità
proveniente dalla foresta; creazione di una "Borsa delle utilità della foresta".
Pervenire ad un equilibrato rapporto tra le diverse funzioni (ecologiche, economiche,
culturali, ricreative, e paesaggistiche) deve costituire l'obiettivo di fondo e,
prioritario.
per un programma, autosostenibile, di sviluppo del settore forestale.
Io credo che una volta licenziata definitivamente, e, cioè, dopo il confronto con il
sindacato calabrese, potrà essere oggetto di approfondimento, in un ulteriore incontro,
per poter costruire come cisl e come fai, una proposta complessiva di sviluppo del settore
a livello nazionale, ma soprattutto pèer le regioni del mezzogiorno, nella consapevolezza
ripeto della incidenza di tale aspetto, per il complessivo sviluppo economico e sociale
delle nostre realtà territoriali.
Cari amici, credo che dovremo intensificare incontri come questo, che fuoriesce dalla nostra
azione quotidiana di rappresentanza e tutela dei nostri lavoratori nella consapevoleza, però
che approfondimenti sui vari temi ci consentono di svolgere quell'azione con maggiore contezza dei
problemi che abbiamo davanti a noi e che contribuendo a trovare soluzioni a essi troveremo più
facilmente soluzioni per la tutela e la rappresentanze dei nostri lavoratori.
La fai insieme alla cisl a mio avviso proprio perchè considera il tema del'ambiente
montagna e foresta, non solo settori decisivi per lo sviluppo del'economia
meridionale, ma anche, luoghi capaci di rilanciare l'iniziativa per la crescita
dell'occupazione, deve realizzare un coordinamento tra le diverse relatà
e la segreteria nazionale allom scopo di cogliere le diverse specificità sintetizzandole
in una proposta che possa aprire una discussione di merito con le nostre controparti.
Sono altrettanto, convinto che l'iniziativa di oggi, apra un percorso da tempo avviato
dalla nostra Federazione nazionale foriero di risultati che arriveranno e che aiuteranno
la necessità e il desiderio di noi tutti, di dare risposte non solo alla gente che noi
rappresentiamo, ma anche e soprattutto all'insieme della società meridionale e italiana.

è una realizzazione editoriale THE MOMENT